In questi 100 anni, migliaia di donne e uomini in questo paese si sono impegnati su più fronti per più diritti, per salari dignitosi, per il diritto a un lavoro e contro la precarietà. Diritti che ogni giorno sono messi in discussione da un’economia e politica sempre più arrogante.
Tra queste persone che lottano per i loro diritti, ci siete anche voi, lavoratori e lavoratrici della navigazione su lago Maggiore, che con coraggio avete scioperato in difesa dei vostri posti di lavoro e del servizio pubblico. Cari marinai, grazie alla vostra determinazione avete avuto la popolazione al vostro fianco e avete smosso la politica per trovare una soluzione. Una lotta che ha raggiunto un traguardo, la nascita del consorzio, ma che vi vede giustamente impegnati per una battaglia altrettanto importante che è quella per il contratto collettivo. Noi oggi siamo al vostro fianco, così come siamo accanto oggi e lo eravamo dieci anni fa ai lavoratori e alle lavoratrici delle officine FFS di Bellinzona e così come siamo solidali con i dipendenti dell’ATS, che a loro volta lottano per i posti di lavoro e contro lo smantellamento di un servizio d’informazione indipendente. Come dobbiamo essere solidali con tutte e tutti le lavoratrici e i lavoratori che ogni giorno vedono messi in discussione i loro diritti.
Anche tutte e tutti coloro che domenica hanno detto di No a privilegi fiscali a favore di grandi aziende e persone facoltose hanno mostrato coraggio e determinazione. La scarsa partecipazione al voto e il risicato si, non bastano a mettere in discussione un risultato comunque significativo, che mostra la necessità di combattere le crescenti disuguaglianze. Quasi il 50% dei votanti ha detto di No a regali a chi non ne han bisogno. Da qui, da questo risultato dobbiamo ripartire.
Uniti dobbiamo lottare per salari dignitosi, per estendere i contratti collettivi, per combattere la precarietàche si manifesta sempre più sotto forma di un aumento di contratti atipici, del lavoro su chiamata e interinale. Assieme dobbiamo batterci per difendere il potere d’acquisto della popolazione, diminuendo costi crescenti come quello degli affitti e dei premi cassa malati e garantire a tutte e tutti salari dignitosi. Una partita quest’ultima che si giocherà gioco forza sull’introduzione di una salario minimo degno di questo nome. Intanto mobilitiamoci con forza per raccogliere rapidamente le firme per l’introduzione del formulario ufficiale quando si firma un nuovo contratto di affitto, che permetterà più trasparenza e aiuterà a combattere gli aumenti eccessivi delle pigioni.
Facciamo sentire la nostra voce contro l ‘aumento dei continuo dei premi cassa malati. L’assicurazione malattia obbligatoria si basa su premi ingiusti indipendenti dal reddito dove il milionario, oltre a beneficiare di sgravi fiscali, paga lo stesso premio di uno di voi che è costretto a scioperare per garantire il suo posto di lavoro. I premi cassa malati sono esplosi e non sono poche quelle economie domestiche per le quali i premi arrivano al 20% del reddito disponibile. Dal 1997 i premi sono raddoppiati, mentre i salari reali faticano a tenere il passo con questo andamento. Ecco perché non accetteremo passivamente la decisione della maggioranza borghese al Parlamento federale di aumentare le franchigie, mentre gli assicurati si assumono il 27% dei costi tra franchigia, partecipazione ai costi e cure non coperte dall’assicurazione di base, cure dentarie comprese. Dobbiamo limitare l’incidenza dei premi cassa malati al 10% del reddito disponibile, come chiede l’iniziativa popolare del Partito Socialista Svizzero che sarà lanciata nei prossimi mesi.
Oggi come già nel 1918 a scendere in piazza ci sono anche le donne. Donne, che ancora oggi ancora guadagnano meno degli uomini e si occupano della gran parte del lavoro di cura. Il 60% del lavoro non pagato, per le cure dei figli, delle persone anziane o ammalate, è infatti fatto gratuitamente dalle donne. Da 37 anni nella nostra Costituzione è sancita la parità salariale tra donne e uomini. Il 14 giugno 1981, infatti il popolo svizzero e i Cantoni avevano accettato di ancorare nella Costituzione il principio della parità tra uomo e donna: “Uomo e donna hanno uguali diritti. Le legge ne assicura l’uguaglianza soprattutto per quanto concerne la famiglia, l’istruzione e il lavoro. Uomo e donna hanno diritto a una retribuzione uguale per un lavoro di pari valore”.Da 22 anni la legge sulla parità prevede a parità di lavoro lo stesso salario. La realtà è però ben diversa: le donne guadagnano il 18% in meno degli uomini, in media 600 franchi in meno, e il 40% di questa differenza salariale è dovuta a un chiara discriminazione delle donne rispetto agli uomini.È inammissibile che una maggioranza di uomini al Consiglio degli Stati abbia deciso di non introdurre dei minimi controlli nelle aziende per verificare il rispetto di un nostro diritto come la parità salariale!
Oggi, 1. Maggio in tutta la Svizzera noi donne, assieme a tanti uomini lo diremo con forza: sulla parità salariale non si discute. Parità salariale subito. Punto e basta.
#YoTeCreoIn questi giorni migliaia di donne sono scese in strada in spagna per dire di No alla giustizia patriarcale che incolpa le donne vittime di violenza e stupro. La violenza contro donne è purtroppo una triste realtà anche da noi.
Per la parità salariale, contro gli stereotipi di genere e contro la violenza sulle donne scenderemo in piazza anche noi il 22 settembre a Berna per una grande manifestazione convocata dai movimenti delle donne, dai sindacati e dai partiti di sinistra. È giunto il momento di ripetere il 14 giugno 1991, quando mezzo milione di donne in Svizzera incrociarono le braccia. Per dirlo con lo slogan di allora: perché quando le donne vogliono tutto si ferma.
Salari dignitosi, giustizia sociale, redistribuzione della ricchezza e parità salariale. E ciò che vogliamo e che ci spetta. Non ci lasceremo mettere in un angolo!